A partire dall’inizio della mia passione per il lavoro a maglia sono sempre stata affascinata dai bei maglioni lavorati a più colori, con meravigliosi disegni, fantasticamente legati alla tradizione nordica; pensavo che tutti i capi che presentavano lavorazioni a più colori potessero essere definiti ‘a jacquard’…quanto mi sbagliavo!
La nostra denominazione jacquard (nel senso che è in Italia, soprattutto, che si fa d’ogni erba un fascio e si chiamano Jacquard quasi tutte le tecniche di lavorazione a più colori), si riferisce ad un tipo di telaio, ideato da Joseph-Marie Jacquard, che ha permesso di produrre tessuti, anche molto complessi, con il lavoro di un solo tessitore. Pensate che è considerato addirittura l’antenato del calcolatore in quanto è stata la prima applicazione ad aver utilizzato una scheda perforata.
Le lavorazioni a più colori, spesso raccolte sotto la denominazione stranded (in inglese filo/filato si dice “strand” e in queste tecniche viene ‘trascinato’ sul retro del lavoro) sono moltissime e tutte hanno caretteristiche specifiche, Fair Isle, Norwegian, Double-Knitting, Estonian, Turkish.
Il lavoro a maglia Fair Isle è una tecnica utilizzata per creare capi fantasia; si è sviluppata sull’isola di Fair, a nord della Scozia tra Orkey e le Isole Shetland. La tecnica si basa su una vasta gamma di schemi multicolori caratteristici della regione e associati ad alcune nazioni scandinave. Nonostante la complessità dei disegni, le competenze necessarie per confezionare dei bei capi in Fair Isle sono minime; la tradizione richiede maglia rasata e l’eventuale utilizzo dei ferri circolari, per il resto basta seguire lo schema ed il gioco è fatto!
La lavorazione tradizionale si ottiene utilizzando due colori per ogni ferro (giro), il gioco di fili rimane sul dietro del lavoro e i disegni sono piccoli, spesso geometrici o floreali. Nel fair-isle si usano, per volta, al massimo due colori: uno che è il colore di fondo, l’altro il colore di contrasto.
Poichè i filati non utilizzati devono essere passati orizzontalmente sul rovescio del lavoro, ne consegue che lo spessore della lavorazione si raddoppia; quando la tecnica viene utilizzata correttamente la maglia rimane elastica e morbida, è comunque fondamentale non tirare troppo i fili e spostarli senza intrecciarli tra di loro. I fili dei vari gomitoli di diverso colore ovviamente non vengono mai spezzati, al rovescio avremo tutti i fili ‘passati’.
La difficoltà sta nel maneggiare i vari capi, e per questo si usano varie tecniche a seconda di come ci si trova meglio.
I soggetti utilizzati sono svariati; i semplici disegni geometrici sono i più comuni, ma alcune knitters amano creare motivi vegetali e animali. Come regola generale, lo schema si ripete sia orizzontalmente che verticalmente attraverso il maglione, solitamente alternando il filato chiaro con quello più scuro.
Tradizionalmente, i residenti di Fair Isle utilizzavano estratti vegetali per tingere la lana, la creazione erano quindi caratterizzate da colori tenui e perfettamente in sintonia con il paesaggio; ancor oggi molte knitters vogliono attenersi alla tradizione e continuano ad utilizzare le colorazioni originarie. L’introduzione di colori e fibre sintetiche ha introdotto anche per questa tecnica l’utilizzo di coloro brillanti e vivaci, preferiti in particolare dai giovani per i loro maglioni.
Oltre che per confezionare maglioni, il Fair Isle è molto utilizzato per la produzione di calze, guanti, cappelli e altri indumenti in maglia.
La tecnica Fair Isle ha acquisito una una notevole popolarità quando, nel 1921 in occasione di una partita a golf, il Principe di Galles indossò in pubblico un maglione confezionato con questa lavorazione.
Altro discorso per la tecnica del Double-Knitting, si tratta di un tipo di lavorazione a più colori che permette di ottenere progetti reversibili (double face), con il risultato di avere il dritto e il rovescio del lavoro uno l’inverso dell’altro. La tecnica è più semplice da guardare che non da spiegare, quindi ecco un video che, pur in inglese e con audio pessimo, mi sembra comunque molto semplice da capire.
Per quanto concerne il metodo intarsia o intarsio, i fili in sospeso non vengono passati dietro, ma ogni stacco di colore corrisponde ad una ‘bobina’ diversa, il cui capo viene raccolto da sotto l’ultimo lavorato.
Ne risulta un retro del lavoro ordinato, non doppio come per il fair isle; per evitare che si creino antiestetici buchi bisognerà fare un po’ di pratica e capire come intrecciare i fili per mantenere ‘saldo’ l’incastro tra i colori. Con questa tecnica solitamente si utilizzano le bobine o navette; specialmente se il motivo ad intarsia prevede l’utilizzo di molti colori (come il progetto Holly) è necessario dotarsi di un numero di navette pari al numero dei colori previsti, già questo può essere utile per incrociare correttamente i fili sul retro e far risultare ben visibile il motivo sul rovescio del lavoro. Quando si esegue un motivo ad intarsia su aree molto limitate (pochi punti) è preferibile usare una piccola quantità di filo sciolto, quindi non avvolto in bobina, in modo tale che non intralci sul retro e venga facilmente intrecciato agli altri fili.
Le altre tecniche citate sopra sono sostanzialmente derivate da quelle appena descritte, la particolarità di ogni tecnica sta sostanzialmente nelle differente tipologia di disegni.