Indice
In una successione logica dell’insegnamento, o anche semplicemente del procedimento del disegno, il chiaroscuro segue la forma e il colore segue il chiaroscuro.
Ma qual è il rapporto tra forma e colore? Possiamo dire che la forma è un’astrazione, una linea immaginaria che delimita l’oggetto rispetto allo sfondo, un contorno che noi tracciamo con un segno nero sul foglio bianco; il colore è invece la sostanza luminosa dell’oggetto, la luce che lo rivela nella complessità del suo volume colorato.
Così pure in un disegno realizzato a un solo colore le luci e le ombre sono espresse nella stessa tonalità, più o meno intensa.
Anche in questo caso si tratta di astrazione; evidentemente il disegno monocromo non rappresenta la realtà, ma la suggerisce, indicando soltanto le parti in luce e quelle in ombra, il chiaro e lo scuro dell’oggetto e non i suoi colori, né le sfumature dei toni.
Senza togliere nulla al fascino del monocromo e del chiaroscuro in bianco e nero che, proprio perché suggerisce, lascia più spazio e maggiori possibilità all’immaginazione e alla partecipazione dell’osservatore, è evidente che l’immagine che riceviamo guardando un oggetto è colorata e che, osservandola per rappresentarla, spesso ancor prima che dalla forma siamo colpiti dal colore.
Per questo il ragionamento sul colore che segue quello sulle forme, lo intende e lo interpreta più che come luce ed ombra colorata, come forma colorata.
Si tratta allora di trovare nelle forme degli oggetti la forma della luce e quella dell’ombra, colorate.
E a proposito della “forma del colore” il pittore francese Eugène Delacroix precisa:
«Bisogna distinguere bene i diversi piani circoscrivendoli rispettivamente; porli nell’ordine con cui si presentano alla luce, distinguere prima di dipingere quelli che hanno lo stesso valore».
Lo spettro dei colori
Il mondo senza colori sarebbe inconcepibile; i colori sono gli elementi costituenti la luce, che rivela nei colori lo spirito e l’anima del nostro mondo.
Nel 1676 il fisico Isaac Newton si servì di un prisma triangolare per dimostrare la formazione dei colori e rivelarne lo spettro: fece passare la luce bianca del sole attraverso una fessura fino a colpire un prisma triangolare, e intercettando questo raggio di luce ottenne una gamma di colori dal rosso all’arancio, al giallo, al verde, al blu, fino al viola, in successione costante.
Se, con una lente convergente, si ricompone su un altro schermo la gamma dei colori così ottenuti, si avrà di nuovo la luce bianca. Naturalmente ad un tale risultato si può giungere anche facendo convergere separatamente una parte dei colori dello spettro, per esempio il rosso-arancio-giallo, e un’altra parte comprendente il verde-blu-viola; sommando le due miscele di colori si ottiene di nuovo il bianco. I colori fondamentali sono il rosso, il giallo, il blu, e dalla composizione di questi derivano, come è noto, tutti gli altri: unendo rosso e blu si ottiene il viola; unendo blu e giallo si ottiene il verde; unendo giallo e rosso, l’arancione. Colori complementari sono quei colori che sovrapposti danno il bianco (stiamo parlando, si intende, dei colori della luce). Quindi se isoliamo un colore dallo spettro, per esempio il rosso, e assommiamo con una lente convergente tutti gli altri, come risultato otterremo il verde, cioè il complementare del rosso che avevamo isolato.
Isolando il giallo, invece, gli altri colori rimasti daranno il suo complementare, il viola.
In definitiva, possiamo concludere dicendo che ogni colore dello spettro è complementare del colore risultante dalla somma di tutti gli altri; così il rosso è complementare del verde (blu + giallo); il blu è complementare dell’arancio (rosso + giallo); il giallo è complementare del viola (blu + rosso).
Come nascono i colori
I colori nascono da onde luminose che sono un tipo particolare di radiazioni elettromagnetiche: ma le onde che i nostri occhi possono percepire sono solo quelle comprese tra i 400 e i 700 µµ. (µ = micron è l’unità di misura delle lunghezze d’onda).
Ci saranno quindi dei colori che gli uomini, o alcuni animali, non vedono, proprio perché creati da onde luminose di diversa lunghezza.
Perché gli oggetti appaiono colorati?
Una pianta verde appare verde perché assorbe tutti gli altri colori dello spettro e riflette solo il verde.
La conferma ci viene dall’esperienza di un filtro verde posto davanti allo spettro dei colori: il filtro verde assorbe tutti i colori tranne il verde: non resta allora più nessun colore e il risultato è nero.
Dire quindi che una pianta è verde significa dire che la superficie della pianta ha una composizione tale da assorbire tutte le radiazioni luminose che non sono verdi; vuol dire che la pianta in sé sarebbe incolore: è la luce che la fa apparire colorata.
L’equilibrio dei colori
Dice Mirò: «Io comincio quasi sempre con i neri, li rivedo il giorno dopo e quando sono contento del disegno allora attacco con i colori.
I colori seguono il disegno e li dispongo secondo un certo equilibrio: per esempio vicino ad un punto nero metto un rosso, e accanto al rosso un blu, dopo il blu il verde e dopo un verde il giallo… il tutto arricchito da piccoli ritocchi».
Le impronte di Morandi
Giorgio Morandi è celebre soprattutto per le acqueforti, paesaggi e nature morte, costruite con vasi, bottiglie, bricchi, dai toni graduati, in una raffinata gamma di grigi.
Colorati, naturalmente secondo la misurata e delicata tavolozza di questo artista, sono gli acquerelli. Gli acquerelli di Morandi riescono a condensare un discorso straordinariamente profondo con un’estrema economia di mezzi: attraverso due o tre toni di ocra, grigio, azzurro, modulati sul bianco della carta e composti con gli spazi vuoti del foglio.
Sono proprio gli spazi vuoti di questi acquerelli che colpiscono la nostra attenzione e la nostra immaginazione, quei “vuoti” di cui dobbiamo ricordarci e che dobbiamo osservare, quando cerchiamo di vedere le forme dell’oggetto che vogliamo disegnare. Ebbene, negli acquerelli di Morandi la sintesi delle forme (dei pieni) e dello sfondo (dei vuoti) è portata alle estreme conseguenze, vere e proprie impronte.
È evidente che non bisogna illudersi: una tale semplicità, sintesi ed essenzialità sono frutto di anni di esperienza e di grande maestria. Ma a questa semplicità ed essenzialità, a quei vuoti ritagliati possiamo guardare anche noi ed ispirarci per i nostri disegni.
-Prendete come modelli alcuni oggetti semplici, bottiglie, caraffe, scatole, bicchieri, e disponeteli l’uno accanto all’altro;
-Disegnateli con attenzione, con amore, attenti alle proporzioni; vedetene le sagome ritagliate sullo sfondo, socchiudendo gli occhi e leggendo la forma degli spazi tra un oggetto e l’altro.
-Poi, con il colore, pazientemente e con attenzione, riempite le sagome, quelle degli oggetti ma ancor meglio quella dello sfondo usando le matite o i pennarelli, i pastelli, l’acquerello.
-Osservate poi i colori principali degli oggetti, in luce, ignorando, almeno in un primo momento, il chiaroscuro e le ombre (potete annotarli con appunti scritti in corrispondenza); successivamente cercate di individuare i colori delle ombre, immaginando di poterne circoscrivere il contorno.
-Scegliete un colore di partenza (il più chiaro o il più scuro) e su quello graduate gli altri colori.
-Socchiudete gli occhi, in modo da vedere i colori filtrati e ridurli ai toni principali che saranno quelli che comincerete a mettere sul foglio.
-Non preoccupatevi di mettere “tutti” i colori che vedete: potete scegliere quelli che più vi colpiscono, oppure potete uniformare tutta la composizione sul colore predominante o su uno preferito. Molto probabilmente il primo disegno non riuscirà secondo i vostri desideri; rifatelo, una, due, tre volte e ogni volta più semplice, più essenziale: alla fine nascerà un disegno suggestivo e vero, perché vostro.
Gli schemi 1, 2 e 3 illustrano i successivi passaggi per il disegno delle forme e per la definizione dei colori (delle zone in luce e delle ombre). Gli schemi 4, 5 e 6 esemplificano invece la possibilità di interpretare i colori secondo la propria sensibilità, secondo il momento o l’intenzione; dopo aver osservato attentamente le forme e i colori del soggetto, disegnatelo e coloratelo liberamente, senza più guardarlo, per inventarlo di nuovo come espressione della vostra personalità. Limitate i colori della vostra tavolozza a pochi toni; specialmente all’inizio, tra gli oggetti monocromi o quasi, coloratene soltanto uno con un colore differente.
Il valore dei colori
Risulta essere importante conoscere come possano variare i valori di un colore a seconda dell’intorno” (a seconda cioè dei colori che gli sono accanto) allorché, accostandoli, si voglia ottenere un determinato effetto. Come si percepiscono i colori? Il valore di un colore può essere valutato solo in rapporto con i cosiddetti “colori negativi” (e cioè con il nero, il bianco, il grigio) e con altri colori.
Tutti sanno che un colore ha un differente effetto cromatico a seconda del diverso accostamento dei colori tra loro.
Un colore giallo appare differente se è accostato o sovrapposto al bianco o al nero, o ad un colore rosso e verde.
Perfino la dimensione di un quadrato colorato su un fondo bianco o su un fondo nero appare differente.
Proviamo a ritagliare due quadrati uguali di carta color grigio e disponiamoli su quadrati più grandi di colore rosso e blu e vedremo subito come quello posto sul rosso appaia azzurrognolo e più grande, e quello sull’azzurro risulti rossiccio e più piccolo.
Se ritagliamo due cornici quadrate uguali di carta colorata verde-giallo e due di carta color violetto-rosso e le sovrapponiamo, a due a due, su un fondo azzurro oltremare e poi su un fondo arancio, noteremo immediatamente come il verde a sinistra sull’azzurro si presenti più chiaro e il violetto tenda al rosso, mentre il verde a destra sull’arancio appaia più scuro e il violetto tenda all’azzurro.
Se poi parliamo dell’effetto simultaneo di due o più colori entriamo nel campo dell’armonia, un argomento di cui tratteremo più a lungo nei prossimi capitoli. È difficile dire cosa si intende per armonia dei colori, secondo una definizione obiettiva: in genere si dicono armonici gli accostamenti dei colori che “piacciono” o “sono simpatici”, basandosi così su opinioni e sensazioni personali.
Goethe nella sua Teoria dei colori scrive: «Se l’occhio percepisce un colore, viene subito messo in attività ed è costretto per sua natura a produrne subito un altro che insieme al dato includa la totalità della gamma cromatica. Ogni singolo colore stimola nell’occhio, mediante una sensazione specifica, l’aspirazione alla totalità… Questa è la legge fondamentale di ogni armonia cromatica«.
Da tutto ciò, e dall’esperienza personale, si può arrivare alla conclusione che sono armoniche tutte le coppie di colori complementari, ma anche alcuni accordi come il verde-arancio-violetto, o il giallo-arancione-blu-violetto.
Il significato dei colori
Particolare attenzione e curiosità sono state portate in ogni tempo al significato dei colori: un significato soprattutto letterario ed erudito nel passato, legato invece agli studi sulla percezione dei colori ai nostri giorni. Già a metà del XVIII secolo il cardinale Federico Borromeo aveva notato che «i colori sono quasi parole che, percepite dagli occhi, penetrano nell’animo non meno delle voci percepite dalle orecchie». Proprio su questa proprietà si basano le varie classificazioni sul significato dei colori in relazione agli effetti che determinano.
Nota a tutti è una prima classificazione dei colori in caldi, freddi e neutri, a seconda cioè della sensazione che provocano: caldi (rossi, gialli e loro combinazioni); freddi (azzurri, verdi e combinazioni); neutri (bianco, nero, grigio). Ma se ci riferiamo ai significati simbolici e alle reazioni percettive degli individui di fronte ai colori, troviamo ulteriori significati: il rosso, per esempio, suscita eccitazione poiché viene normalmente associato al colore del sangue ed al fuoco; il verde, che ci richiama i toni e gli aspetti della natura, dei campi e degli alberi, induce a sensazioni di distensione e di calma. Per Goethe i colori si dividono in:
-positivi (o attivi): giallo, giallo rossastro (arancione) e rosso giallastro (minio e cinabro) che provocano un «atteggiamento attivo, animato, intraprendente»;
-negativi (o passivi): blu, blu rossastro, rosso bluastro, che si adattano ad un umore irrequieto, malleabile, appassionato, tenero ed emotivo». Così per Goethe il rosso contiene in sé una grande dignità e serietà, perché a parer suo riunisce in sé tutti gli altri colori: un paesaggio chiaro, osservato attraverso un vetro rosso colpisce «per l’atmosfera che così trasformata incute timore reverenziale» facendo pensare alla luce diffusa nel cielo e sulla terra il giorno del Giudizio.
Il giallo, poi, è «gaio e teneramente attraente»; se rinforzato con il rosso diventa «più potente e magnifico•, adattandosi più d’ogni altro colore a «dare il senso del calore e della delizia».
Il blu è «un incantevole nulla», ma se diventa blu-rossastro, ci rende inquieti, nervosi, spingendoci all’inattività.
Anche Matisse si occupa dell’azione dei colori. Scrive: «I colori puri possono agire sul sentimento interno con tanta maggior forza in quanto sono colori semplici. Un blu, ad esempio, accompagnato dall’irradiarsi dei suoi complementari, agisce sul sentimento come un energico colpo di gong. Lo stesso accade per il giallo ed il rosso e l’artista deve poterli giocare secondo necessità».
Proprio questa “necessità” trova oggi differenti e varie applicazioni nella vita di ogni giorno.
Per esempio, gli architetti tengono ben conto del significato dei colori nei loro arredamenti: una camera per ragazzi sarà dipinta più volentieri in giallo, mentre una camera da letto destinata al riposo in azzurro-verde… Così un allenatore americano di football fece dipingere in blu lo spogliatoio della sua squadra per creare un’atmosfera di rilassamento durante la mezz’ora di intervallo, ma fece anche dipingere l’anticamera tutta di rosso, per fornire un più eccitante sfondo ai suoi discorsetti di incoraggiamento dell’ultimo minuto, prima della partita.
Per disegnare con i colori
Per chi affronti il problema di disegnare con i colori, è utile osservare il soggetto e cercare un punto (e cioè un colore) di riferimento, per mettere a posto i colori del resto. Come sempre, ascoltiamo le parole dei maestri. Scrive Delacroix nel suo Diario: «Sarebbe una buona cosa stabilire, incominciando, la scala dei valori di un quadro con un soggetto chiaro, il cui tono e il cui valore fossero presi dal vero: un fazzoletto, una stoffa…».
Ricordiamocelo, allora, allorché ci troviamo di fronte ad un paesaggio, ad un prato verde, per esempio: poggiamo sull’erba il bianco del nostro fazzoletto e su quello graduiamo i nostri colori…
Matisse, i cui quadri, nelle larghe e accese macchie di colore, sembrano venir fuori da un impatto immediato con la natura o con gli oggetti, in realtà, quando dipingeva un quadro, spesso prima di ogni altra cosa eseguiva piccoli schizzi del soggetto che voleva rappresentare e su questi indicava, con precisione, la scelta e la distribuzione dei colori. Prima, cioè, di affidarsi alla sensibilità e all’istinto, si crea va uno schema di composizione cromatica, che a volte rispettava del tutto, a volte invece modificava. Dopo aver studiato le forme degli oggetti nella loro composizione e secondo l’inquadratura prescelta, è utile, allora, indicare per iscritto i colori principali e “ritagliare” poi le forme dei colori e delle ombre, proprie e portate, sul profilo dell’oggetto stesso secondo le linee dei contorni e secondo la linea separatrice tra luce ed ombra. Proprio per rendersi conto ancora meglio delle forme dei colori e delle forme delle ombre (colorate), proviamo ad analizzare le opere di Matisse, seguendolo nelle sue composizioni.
La figura di donna seduta è ottenuta con carta azzurra in parte colorata dallo stesso autore; la natura è dipinta con colori a olio che riempiono sagome ben definite, limitando al massimo il chiaroscuro e valorizzando così i toni puri.
Ed ora, proviamo a “farlo” noi
-Scegliamo un tema, un motivo per la nostra composizione, fra gli oggetti di ogni giorno, vasi e bottiglie, ma anche fiori e frutta, libri o giornali. Prendiamo, per ora, gli oggetti della prima colazione, la tazza, il bricco del caffè, il panino, il
giornale… e componiamoli, secondo il nostro gusto e un nostro “ordine”, su un angolo del tavolo.
-Ora abbiamo almeno due strade:
a) una è quella di disegnare gli oggetti con la matita, definirne i contorni e poi colorarli con i pastelli, gli acquerelli o secondo la tecnica preferita (semplificando il chiaroscuro, magari separando con una linea immaginaria la luce dall’ombra e colorando diversamente le due zone);
b) l’altra è quella di ritrovare i colori degli oggetti sui fogli di carta che abbiamo a portata di mano o che possiamo procurarci apposta.
Seguiamo questa seconda strada, che ci aiuta a vedere meglio la forma del colore, ritagliando sulla carta le forme colorate degli oggetti.
-Abbozziamo la forma degli elementi della composizione, tracciamo il contorno a matita, e consideriamo il “colore proprio” di ognuno (non tenendo conto per ora del chiaroscuro).
-Cerchiamo ora di ritrovare tra le carte che abbiamo quella più adatta a rendere i vari oggetti: se non riusciamo a trovare quella che vorremmo per qualcuno degli elementi scelti, allora disegniamolo e coloriamolo con i nostri colori.
Matisse, abbiamo visto, per i suoi papiers collés non si accontentava di usare carte colorate, ma le dipingeva lui stesso e ne incollava, uno sull’altro, i vari pezzi, ottenendo un gioco in toni sovrapposti, spesso con variazioni appena percettibili.
All’inizio delle nostre esperienze possiamo contentarci delle carte colorate che abbiamo sottomano, da quelle dei quaderni a quella della busta del pane, alla carta delle riviste, a quella dei giornali… Perché anche questo è un ulteriore suggerimento fornitoci dai maestri: quello cioé di usare, per rappresentare qualcosa, anche lo stesso materiale con cui è fatta. In fondo si tratta di colorare usando invece che una tavolozza costruita con i colori tradizionali (pastelli, acquerelli, tempere), la tavolozza offerta dal mondo che è attorno a noi. Naturalmente il “gioco”, all’apparenza tanto semplice, non è in realtà così facile: per raggiungere l’equilibrio, l’armonia, il significato voluto (oltre che l’effetto curioso e persino di trompe l’oeil) gli artisti che si esprimono con il collage hanno impegnato tutta la loro esperienza di disegnatori e di coloristi.
Gli schemi che illustrano la composizione di Matisse confermano come tutto ciò che a prima vista appare naturale ed immediato è in realtà frutto di un procedimento complesso, evidenziando con le sagome colorate la ricerca di equilibrio.